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Le tre del mattino – Gianrico Carofiglio – Analisi e recensione

gianrico carofiglio

Una storia padre e figlio

Non ho mai scritto una recensione. Io odio le recensioni. Le evito come la peste ed eviterei anche questa probabilmente. Sono la versione moderna dei pessimi paragrafi dei libri di antologia delle scuole medie e superiori, e non mi sono mai servite per capire un libro, dargli un valore, spingermi a comprarlo.

Copertina di Einaudi

Quindi perché ne sto scrivendo una proprio adesso? Diciamo che non sarà proprio una recensione, mi impegnerò affinché sia più piacevole, ma era necessario che scrivessi qualcosa. Perché? Perché l’altro giorno stavo davanti alla libreria, in procinto di scegliere il prossimo libro da leggere e mi è capitato sottomano un libro – un po’ famoso – che si chiama La nausea, di un certo Sartre. E bum! Vuoto. Non ricordavo mezza parola. Certo ricordavo la sensazione, l’idea (che sono le cose più importanti), ma come si chiama il protagonista? Dove vive? Come finisce la storia? Vuoto.

E allora eccomi qui, a giustificarmi su un blog sul perché scrivo di una storia non mia. Almeno tra qualche mese ricorderò questo romanzo e, tra qualche anno, con una carriera di altri (spero) 30 o 40 libri in più in memoria potrò avere traccia di ciò che è stato Le tre del mattino di Gianrico Carofiglio per me in questi due giorni che mi ha fatto compagnia.

Le tre del mattino: la storia

E’ una storia inusuale, una trama semplice arricchita moltissimo dallo stile e dai dialoghi e, in particolare, dalla saggezza del padre del protagonista, il quale, oltre ad essere una bella persona, è un uomo molto intelligente.

In un viaggio a cui sono costretti i due per testare lo stato psicologico di Antonio quasi diciottenne (la persistenza o la guarigione da una lieve forma di epilessia), padre e figlio hanno l’obbligo medico di restare svegli per 48 ore.

Fanno tante cose diverse e piuttosto strane, tra cui mi ha colpito il primo episodio di reale intimità tra i due, che tra l’altro non li vede neanche fisicamente vicini. Succede in un bar di seconda categoria, uno di quei locali che negli anni ’60 non era frequentato dall’élite marsigliese.
Il padre di Antonio, incoraggiato dal ragazzo, si cimenta in una jam session al pianoforte, suonando un pezzo di Miles Davis. Dimostrando un’abilità inaspettata, forse anche da lui stesso, scende dal palco soddisfatto tra gli applausi e, da allora in poi, nella compagnia di un tacito accordo, tutto sembra più intimo, meno inibito.

Le tre del mattino: la musica

Senza bisogno di una parola, la musica è l’ingresso nel privato.

Prima esperienza con una prostituta, il pensiero magico psicanalitico per cui evitava i tombini i giorni degli esami, l’inconfessata motivazione per cui ha divorziato da sua moglie (madre di Antonio), le botte prese per difendere la madre del ragazzo e la riscoperta della felicità quando ormai pensava di essere troppo vecchio, rivelano ad Antonio che il matematico e calcolatore professore universitario di suo padre, in realtà è molto più simile a un uomo, più simile a lui di quanto potesse desiderare.

Se posso dirlo, io invidio Antonio e suo padre, invidio la riscoperta di un uomo che, con eleganza e semplicità, si diverte con suo figlio a nudo di ogni congettura. Un’esperienza che qualcuno di noi non avrà mai la fortuna di provare, un bene intimo e totalmente sincero che resta sospeso nell’anima che non si adatta a tutti i tipi di persone. Ma di questo parleremo un’altra volta.

Le tre del mattino: lo stile

I dialoghi sono quelli che danno valore alla storia e l’avventura conclusiva affronta l’ultimo inesorabile tema, quello della fine delle cose, soprattutto quelle belle, e dell’irrealtà di alcune esperienze che non saranno mai uguagliate da nulla.

Tra accenti francesi, nuove amicizie, un abbraccio come non si vedeva dal nono compleanno a casa a mare, Antonio, avuto l’esito dal dottore e dalle sue indimenticabili notti a Marsiglia ci tiene a ricordarci:

D’un tratto mi ritrovavo in mare aperto, e non ero pronto.
Ma qualcuno lo è mai?

Gianrico Carofiglio

Claudia Neri

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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