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La lentezza – Milan Kundera – Recensione

La lentezza (originale La lenteur) è un romanzo pubblicato nel 1995 dallo scrittore ceco Milan Kundera. Si tratta della sua prima opera narrativa in lingua francese. Il lungo racconto è in realtà un flusso di coscienza in cui, pensieri apparentemente scollegati, si intrecciano per “spiegare” i pensieri del protagonista al lettore. Questo avviene attraverso la descrizione delle vicende di personaggi diversi, che, come in un’opera teatrale, recitano una parte precisa e coerente fino alla fine.

“La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica ha regalato all’uomo. A differenza del motociclista, l’uomo che corre a piedi è sempre presente al proprio corpo, costretto com’è a pensare continuamente alle vesciche, all’affanno; quando corre avverte il proprio peso e la propria età, ed è più che mai consapevole di sé stesso e del tempo della sua vita. Ma quando l’uomo delega il potere di produrre velocità a una macchina, allora tutto cambia: il suo corpo è fuori gioco, e la velocità a cui si abbandona è incorporea, immateriale – velocità pura in sé e per sé, velocità-estasi. Strano connubio: la fredda impersonalità della tecnica e il fuoco dell’estasi.”

La lentezza: la storia

Siamo in un castello francese, dove viene ospitato un convegno di entomologia. La trama principale si alterna al racconto erotico Senza Domani di Vivian Denon e qualche riflessione di Epicuro. Le vicende dei protagonisti sono rappresentative dei vizi e virtù che gli stessi personaggi incarnano.

In particolare, vediamo in scena:

  • Jacques-Aloys Berck, un politico esibizionista a tratti ridicolo;
  • Immacolata, una regista amata (e non corrisposta, anzi spesso insultata) da Berck;
  • Vincent, un giovane assistente che vive nell’ammirazione del saggio Pontevin;
  • Il professor Čechořípský, entomologo ceco caduto in disgrazia dopo la Primavera di Praga del 1968; allontanato dalla Accademia delle Scienze per tradimento del regime comunista e costretto ad esercitare il mestiere di muratore per vent’anni; 
  • Fra i personaggi si riconosce anche (insieme con la moglie Vera) l’autore stesso, il quale – fra i molti spunti di riflessione offerti dalla narrazione – esalta la lentezza del titolo come indice direttamente proporzionale alla piacevolezza di un ricordo.

“L’oblio ci riconduce al presente, pur coniugandosi in tutti i tempi: al futuro, per vivere il cominciamento; al presente, per vivere l’istante; al passato, per vivere il ritorno; in ogni caso, per non ripetere. Occorre dimenticare per rimanere presenti, dimenticare per non morire, dimenticare per restare fedeli.”

Temi trattati in “La lentezza”

Il titolo del libro ci comunica che il tema trainante della storia è la lentezza contrapposta alla velocità della vita moderna, in cui si affanna il nostro presente.

“…l’uomo curvo sulla sua motocicletta è tutto concentrato sull’attimo presente del suo volo; egli si aggrappa ad un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo; in altre parole, è in uno stato di estasi; in tale stato non sa niente della sua età, niente di sua moglie, niente dei suoi figli, niente dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l’origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere.” 

Kundera collega la lentezza al ricordare, e la velocità al dimenticare. Quando vogliamo ricordare o preservare il momento, ci muoviamo e agiamo lentamente, invece, si corre veloci per dimenticare un’esperienza passata. Ad esempio, dopo la disastrosa notte passata al castello, Vincent cavalca la sua motocicletta e guida il più velocemente possibile per lasciarsi alle spalle il luogo del suo fallimentare incontro amoroso.

Tra le righe sembra anche trasparire che la velocità generi volgarità, come suggerito dalle diverse relazioni amorose che si intrecciano nel castello. Vincent è precipitoso nel cercare di sedurre Julie e quindi fallisce. La prudenza di Madame de T. nel sedurre il Cavaliere sfocia in una notte di piacere.

“C’è un legame stretto tra lentezza e memoria, tra velocità e oblio.”

Milan Kundera

Una cosa che ho notato del romanzo – e che poi ho scoperto essere frequente nell’opera di Kundera – è l’apparente freddezza dei personaggi maschili che si scontra con la debolezza di quelli femminili. Gli uomini sembrano osservatori esterni, trascinati nella realtà e incapaci di sottrarsi alla fatale eventualità di fare del male o di essere superficiali.

I personaggi femminili sono invece passionali, soffrono, si sentono inadeguati, le donne sono piene di dubbi e di frustrazioni.

Un passo che ci tengo ad evidenziare è quello in cui emerge il lato umano, rappresentato dalla paura della morte, di due fratelli che si incontrano dopo tanto tempo. Anche qui però Kundera ce li descrive a modo suo, ovvero mettendoli in competizione “sulla morte”.

“Suona e suo fratello, che ha cinque anni più di lui, apre la porta. Si stringono la mano e si guardano. Sono sguardi di un’immensa intensità e loro sanno esattamente di che si tratta; rapidamente, discretamente, il fratello spia nel fratello i capelli, le rughe, i denti; ciascuno sa quel che cerca nel viso che ha di fronte e ciascuno sa che l’altro cerca la stessa cosa nel suo. Ne provano vergogna, perché quel che cercano è la probabile distanza che separa l’altro dalla morte o meglio, per dirlo in maniera più brutale, cercano nell’altro la morte che traspare”

Conclusioni

“L’amore è per definizione un dono non meritato; anzi, l’essere amati senza merito è la prova del vero amore.”

Consiglio questo libro a chi vuole una lettura un po’ fuori dagli schemi, carica di citazioni spunti di riflessioni profonde e sensibili. Non lo consiglio invece a chi cerca una bella storia appassionate e personaggi a cui affezionarsi. La lentezza è troppo breve per farci amare i suoi protagonisti e, alla fine, anche l’autore stesso scompare tra le righe della sua storia facendoci tornare alla realtà senza molto da ricordare di lui.

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Se te la sei persa, leggi la mia ultima recensione di “La ferrovia sotterranea” di Colson Whitehead.

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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