Dopo avermi appoggiato i petali di rosa sulle cosce e sulle braccia, mi guarda e mi dice di stare ferma. Sono stesa, nuda, sul suo letto basso con un profumo di incenso che inonda la stanza. Le finestre sono coperte da tende che lasciano passare la luce del tramonto. Il sole rende la mia pelle, normalmente bianchissima, rosea e quasi arancione in alcuni punti. Le rose sono in un cestino accanto al letto, da dove lui le prende una per volta.
Stacca i petali con delicatezza, me li appoggia addosso uno alla volta, e sono morbidi come seta. Ho gli occhi chiusi, come mi ha ordinato, e quasi mi sembra di sentire il tocco setoso dei petali bianchi. Ne tengo addosso quindici, tre per ogni braccio e ogni gamba, altri tre sul ventre. Lui mi fissa, guarda ogni petalo, e poi comincia con le gocce di profumo. Me lo ha portato dal Giappone, dopo l’ultimo lungo viaggio che lo ha tenuto lontano per sei mesi. Dopo tutto questo tempo, abbiamo molto da recuperare. Ma non c’è niente che possiamo raccontarci prima che i nostri corpi abbiano deciso cosa farne della passione che li attrae. Così, una alla volta lo vedo appoggiarmi le gocce di profumo sulle braccia, scorrono sulla pelle liscia ai lati del mio corpo. Fa lo stesso con le cosce, le gocce si dirigono verso il loro interno, si sfiorano al centro.
Lui mi tocca, delicatamente, mi fa divaricare un poco le gambe, così da vedere le goccioline scorrere all’interno, dove l’ombra ne modifica il colore: da un arancione tenue diventano rosso scuro. Sento il liquido attraversarmi tutto il corpo, mentre piano piano mi riempie prima la parte superiore e poi quella inferiore, fino alle dita dei piedi, che fremono senza potersi muovere. È questo il gioco: lui fa, io resto immobile, non importa l’eccitazione, non importa il solletico.Dopo aver finito con le gocce di profumo, io mi sento calda, il respiro aumenta e i petali sul ventre si muovono. Apro gli occhi e vedo che mi guarda, intensamente, ma senza accennare a toccarmi. Soppesa la sua opera prima di iniziare con i colori. Sceglie un pennello, lo immerge nell’acqua tiepida di una ciotola, poi sceglie un colore e lo immerge in un’altra ciotola. Non posso alzare la testa e non riesco a vedere che colore ha scelto.
Sento la punta del pennello sfiorarmi l’alluce e guardo: è bianco. La pittura prende il colore del sole. La linea sottile mi disegna tutto il piede, poi la caviglia, poi la gamba, il ginocchio, la coscia, sale sul fianco. Io fremo, il corpo è percorso da un brivido, uno dei petali mi scivola dal braccio.
Lui lo raccoglie e lo riemette al suo posto. La linea del pennello riprende da dove lo aveva interrotto, dal fianco la linea arriva all’ombelico.Ripete tutto da capo, e la linea bianca ricomincia al mio alluce sinistro, per arrivare al fianco. Questa volta trattengo il fremito e la linea si ricongiunge all’altra, al centro del mio ventre, senza far cadere nessun petalo.
Intinge di nuovo il pennello, questa volta la pittura è azzurra. Il colore sfuma un po’ con l’acqua e quando mi tocca il pube il colore è più chiaro di quello che pensavo. Chiudo gli occhi. Sento le setole del pennello toccarmi, sempre più in fondo ed emetto un sospiro, un gemito soffocato. La sensazione mi riscalda, sento il mio umido fondersi con quello della pittura, le setole mi eccitano e il pube mi pulsa. Istintivamente mi contraggo, ma tra le mie labbra lì sotto non c’è nulla da stringere, solo acqua e gocce e setole colorate di azzurro.
M. continua a dipingermi in mezzo alle gambe, io fatico a non muovermi, ma gemo mentre il quadro si completa, delicato come il sorgere del sole.
Quando ha finito, cambia pennello e ne sceglie uno dalla punta più sottile. I suoi movimenti sono lenti, il silenzio è quasi opprimente, perché tutto quello che sento sono i suoi gesti, mentre tocca tante cose che non sono me. M. intinge il piccolo pennello nella pittura rossa e si avvicina al mio viso, lo sento elevarsi sopra di me e guardarmi. Sceglie di disegnare sul collo e le spalle e finisce sul seno. I miei capezzoli sono il centro della sua opera, da cui partono raggi ramati che mi fanno il solletico. Vedo il mio petto che sale e scende al ritmo del pennello che mi dipinge, il seno indurito dal tocco estraneo e freddo dell’acqua colorata che si asciuga su di me. Chiudo gli occhi per sentire la pittura che si asciuga, il mio corpo che risponde a quei colori e al sole che entra dalla finestra che li secca più in fretta.
M. posa i pennelli e intinge indice e medio di entrambe le mani in altri due colori. Non apro gli occhi quando mi tocca, quindi non vedo che colori sono.
Questa volta parte dagli occhi, mi riga le guance e poi scende sul collo e le spalle, colora le braccia e mi prende le mani. Mi passa l’indice sulle dita, una per volta. Quando ha finito con la mano destra si alza, passa sopra di me e ricomincia l’opera con il lato sinistro.
Il tocco delle sue mani calde mi fa sussultare, alcuni petali cadono, l’olio profumato scorre, il mio ventre diventa caldo, dov’era azzurro e asciutto diventa di nuovo umido. Tutto di me tende alle sue mani, alla volontà del suo corpo, a volerlo mischiato col mio.
M. finisce la pittura sulle dita e si alza. Mette un piede alla destra del mio ginocchio e l’altro a sinistra. Ora è in piedi sopra di me, le mani sporche, il petto nudo illuminato dalla luce del sole, che diventa sempre più tenue. Ammira la sua opera, io lo fisso mentre mi fissa fino a che il suo piede lentamente si muove e mi scosta il ginocchio, facendomi allargare le gambe. Fa lo stesso con l’altro piede e resta immobile, in piedi, a fissarmi dall’alto, con le mie cosce aperte che lo chiamano.
Sento il liquido scorrere dalle mie labbra, le lenzuola si stanno macchiando di azzurro, il profumo di incenso si mischia a quell’olio e della pittura. Tutto di me attende, ogni fibra del mio corpo lo guarda. Finalmente chiedo:
– Posso toccarmi adesso? -, poco più di un sussurro. Il suo sguardo severo lo accompagna mentre inclina la testa.
La mia mano si alza con lentezza, risvegliandosi dall’intorpidimento. Gli altri petali cadono mentre la conduco tra le mie cosce. Lui guarda mentre le mie dita ripercorrono gli stessi tratti del pennello azzurro. Mi disegno da capo, chiudo gli occhi e butto la testa all’indietro, i miei gemiti non sono più soffocati, sono espliciti. Le dita disegnano e cercano, tutto si bagna e le mie labbra si aprono e si stringono attorno alla mano. Le mie dita si tingono di blu, i suoi occhi restano fissi sui miei movimenti, vedo il suo membro gonfiarsi sotto i pantaloni chiari ma M. non fa nessun movimento, resta in piedi sopra di me, con i piedi tra le mie cosce, le mani ai lati del corpo, le punte delle dita ancora macchiate.
Quando vengo ed emetto il mio ultimo gemito i miei occhi sono fusi coi suoi, che mi fissano con uno sguardo di rimprovero che io so essere pura concentrazione prima del piacere.
Sospiro, chiudo gli occhi, lo aspetto. Ora è il suo turno di giacere e il mio di disegnare.
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