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Le braci – Sandor Marài – Recensione

le braci

Le braci (titolo originale A gyertyák csonkig égnek, letteralmente Le candele bruciano fino in fondo) è un romanzo dello scrittore ungherese Sándor Márai, pubblicato senza successo per la prima volta in Ungheria, nel 1942, poi in tedesco nel 1950, in ungherese nel 1990 e, in italiano, nel 1998. Nonostante sia stato per l’autore il primo grande successo editoriale internazionale, Márai dichiarò di non amare questo romanzo, ritenendolo “eccessivamente romantico”.

Il romanzo è ambientato nel 1940 in un castello ai piedi dei Carpazi, dove vive il protagonista, il generale Henrik. È metà agosto, la sera l’aria comincia a rinfrescarsi. Henrik è figlio di un ufficiale della Guardia reale, ha fatto carriera nell’esercito, è sempre stato ricco e ha vissuto negli agi e nell’alta società, seguendo tutte le regole e le maniere borghesi. Mentre attende la visita dell’amico d’infanzia, rivede la propria vita. Da giovani Henrik e Konrad sono stati “come gemelli nell’utero materno”, anche Konrád è figlio di un barone povero. Questo divario economico ha sempre rappresentato una sorta di limite tra i due, in quanto l’orgoglio di Konrad non gli ha mai permesso di approfittare della benevolenza della famiglia dell’amico.

“Non ebbero bisogno di stringere patti di amicizia come fanno di solito i ragazzi della loro età, che indulgono con passionalità enfatica a rituali ridicoli e solenni, nella forma inconsapevole e grottesca in cui il desiderio si manifesta tra gli uomini quando decide per la prima volta di strappare il corpo e l’anima di un’altra persona al resto del mondo per possederla in maniera esclusiva. Il senso dell’amore e dell’amicizia è tutto qui. La loro amicizia era seria e silenziosa come tutti i grandi sentimenti destinati a durare una vita intera.”

La storia: Le braci

Il libro è un lungo monologo del generale, il quale parla con l’amico, che interloquisce solo pochissime volte. Nonostante potrebbe sembrare noioso, in realtà Henrik racconta la sua storia in maniera da farti desiderare che continui. Intervalla agli eventi alcune riflessioni, che rallentano la narrazione. Tuttavia, la voglia di scoprire il segreto che lega questi due amici è così incalzante che non si può fare a meno di continuare a leggere.
I due amici sono ormai anziani quando si incontrano nel castello di Henrik, rimasto ormai vedovo e solo. Con lui vive solo la vecchia balia novantunenne, arzilla e intelligente, che sembra aspetti come il suo padrone una risposta.
Ed è intorno a due domande che gira la vicenda. Due quesiti senza i quali Henrik non troverà pace e a cui soltanto Konrad può rispondere.
Entrambi sanno che Konrad è tornato per questo. Per mettere in ordine i conti con l’amico per il quale avrebbe dato la vita e che invece ha abbandonato, come in effetti ha fatto con tutta la sua vita.

Konrad: la fuga

La storia diventa tanto più fosca quando scopriamo che Konrad è fuggito, una notte di quarant’anni prima del momento presente, senza lasciare traccia di sé nè salutare nessuno. Dopo una battuta di caccia in cui un evento ha sconvolto Henrik e dopo una frase di sua moglie Krisztina, nessuno sa più niente di Konrad, che rassegna le sue dimissioni dall’esercito e fugge ai Tropici.
Indizi, dubbi, ricostruzioni delicate e sottili che scavano a fondo nelle motivazioni e nelle voglie dell’animo umano si susseguono nella narrazione, intessendo una tela complessa e bellissima.
Henrik vuole scoprire una verità che lo riguarda da vicino e che, mentre all’inizio sembra vaga al lettore, si stringe sempre di più in una spirale di senso compiuto, che chiude in una morsa il triangolo dei due amici e di Krisztina.

Le anime

C’è un momento bellissimo del libro in cui Henrik ripercorre alcuni momenti della vita dell’amico e ne descrive le caratteristiche. Egli sfrutta il fatto che l’amico non lo abbia mai invitato a casa sua per spiegare la differenza incolmabile di carattere che li separa.
Dalla casa dell’amico egli “deduce”, ma sarebbe più giusto dire “sente fino nelle viscere”, quanto erano diversi e quanto Konrad fosse sempre stato pioù simile a Krisztina che non a lui.
Henrik è un uomo pratico, borghese, semplice in qualche modo. Lo appassionano la caccia, la società, una vita pragmatica. Lui è un uomo intelligente, ma non è sensibile e profondo, come sua moglie e il suo migliore amico. E come non avere conferma di ciò pensando a quanto i due avessero un animo musicale così sviluppato e profondo, mentre lui a stento fosse in grado di apprezzare le melodie di Chopin?


Henrik coltiva un dubbio per quarant’anni, consapevole che questo tiene in vita lui e l’amico, il quale deve tornare a dargli delle risposte. Eppure, le domande che ci aspettiamo quando ormai pensiamo di aver capito, non sono quelle il nostro protagonista farà all’amico d’infanzia che viene finalmente a trovarlo dalla Malesia dopo tutta una vita in fuga.

“Come le persone appartenenti allo stesso gruppo sanguigno sono le uniche che possano donare il loro sangue a chi è vittima di un incidente, così anche un’anima può soccorrerne un’altra solo se non è diversa da questa, se la sua concezione del mondo è la stessa, se tra loro esiste una parentela spirituale”

Orgini storiche di Le braci

Nel novembre del 1916 morì Francesco Giuseppe, l’Impero Austro-ungarico era ancora, in apparenza, nel massimo del suo fulgore. Il funerale fu sfarzoso: una processione lungo la Ringstrasse aperta da due palafrenieri con fiaccole, seguiti da uno squadrone di cavalleria e da una lunga fila di berline nere trainate da cavalli che portavano i più alti funzionari dello stato asburgico.
Nel novembre del 1918, esattamente due anni dopo, era tutto scomparso, inghiottito dalla storia. A Schönbrunn, nei grandi camini del castello, si bruciavano gli stendardi delle armate centenarie. Un periodo dorato che i due vecchi rimpiangeranno per sempre: Konrad per giustificare il proprio comportamento e la fuga dice: 

“Tutto ciò cui giurammo fedeltà non esiste più”…”Sono tutti morti oppure se ne sono andati, hanno rinunciato a tutto quello che giurammo di difendere. Esisteva un mondo per il quale valeva la pena di vivere e di morire. Quel mondo è morto. Quello nuovo non fa più per me…” 

Ma il generale gli risponde: 

“Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non esiste più nella realtà. È vivo perché gli ho giurato fedeltà. È tutto ciò che posso dire”.

Una storia, guerre che uniscono e che separano, un’amicizia che non ha eguali eppure così difficile. La diversa condizione economica rappresenta un divario che non è difficile comprendere. Tutta la vita dell’uno gira intorno a ciò che l’altro non potrà mai avere. Eppure essi si amano sin da bambini. Possono la norma e la società distruggere ciò che è così profondo? E che conseguenze ha questo nella vita dell’uomo e della donna che egli ha preso in moglie?

Conclusioni

Un parallelo con altri due amici mi viene spontaneo: Narciso e Boccadoro (puoi leggere la mia recensione qui). La storia di Herman Hesse pure si ambienta in un contesto storico difficile e tratta temi filosofici molto più vari rispetto a Sandor Marai. Eppure eccoci ancora di fronte a questo binomio mente-spirito, espresso meglio dalle parole di Hesse di quanto mai potrei fare io

“Non è il nostro compito quello d’avvicinarci, così come non s’avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò ch’egli è: il nostro opposto e il nostro complemento.”

Te la sei persa? Leggi la mia ultima recensione  di Tenebre e ossa di Leigh Bardugo.

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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