Non lasciarmi è un romanzo di Kazuo Ishiguro pubblicato in Italia nel 2006 da Einaudi.
Devo dirlo. Nella letteratura giapponese c’è qualcosa che appartiene soltanto alla cultura giapponese. Qualunque romanzo io abbia letto di autori provenienti dal Giappone aveva qualcosa di particolare che lo accomunava agli altri. Innanzitutto, la calma.

Kazuo Ishiguro è uno scrittore di origini giapponesi ma vive in Inghilterra. Nonostante questo non ho nessun dubbio dicendo che la sua scrittura appartiene più alle sue origini che alla cultura inglese. Ha vinto Premio Nobel per la Letteratura ed è l’autore di Quel che resta del giorno. Anche da quest’ultimo romanzo è stato tratto un film molto bello con Anthony Hopkins.
E su di me cominciò ad aleggiare l’idea che molte delle cose che avevo sempre creduto di poter fare, pensando di avere tutto il tempo a mia disposizione, in realtà avrei dovuto farle in fretta, altrimenti le avrei perdute per sempre.
Il romanzo
Non lasciarmi è un romanzo ucronico, ovvero racconta una realtà alternativa a quella realmente accaduta.
Fin qui tutto bene, solo che il lettore quando comincia a leggere non lo sa. Almeno io non ho l’abitudine di informarmi troppo su un romanzo prima di leggerlo. In questo caso ho fatto bene. La volontà di capire quello che stava succedendo è stata l’unica cosa che mi ha tenuto incollata alle pagine.
Non lasciarmi non è romanzo facile da leggere anche se la scrittura è scorrevole. Durante la lettura dei primi capitoli ho percepito un attrito con la storia, coi personaggi, con la protagonista. Questo attrito è piuttosto strano per i romanzi memoriali raccontati in prima persona come questo. Il fatto di leggere la storia raccontata da Kathy, la protagonista, avrebbe dovuto facilitare l’immedesimazione fin da subito.
La storia
La storia è ambientata in Inghilterra. È una storia d’amore tra tre ragazzi, Kathy, Ruth e Tommy, i quali non sono ragazzi come tutti gli altri, hanno qualcosa di particolare. E questo qualcosa è legato alla realtà alternativa che il romanzo racconta.

Crescono in un college, guidati dai tutori che li istruiscono e li guidano ma non hanno genitori, né parenti, né amici fuori dal college stesso. Dopo il college, verso i sedici anni, si spostano ai Cottages. In questo ambiente i tutori scompaiono e i ragazzi restano soli a prendersi cura della “casa”, prima dell’unico inevitabile epilogo della loro storia personale. Essi sanno fin da bambini che da grandi hanno due scelte, diventare assistenti o donatori. La domanda che mi facevo sempre io leggendo quella parola è: donatori di cosa? Spoiler. La risposta è organi. Donatori della loro stessa vita.
Continuo a pensare a un fiume da qualche parte là fuori, con l’acqua che scorre velocissima. E quelle due persone nell’acqua, che cercano di tenersi strette, più che possono, ma alla fine devono desistere. La corrente è troppo forte. Devono mollare, separarsi.
Andando avanti nella storia il lettore e Kathy si fanno spesso domande su questa realtà strana, lontana, incomprensibile. Tuttavia Kathy difficilmente si pone le domande “giuste” o le pone a un tutore. Perché? Perché Kathy non è mai uscita dal college in sedici anni di vita. Di conseguenza tutto ciò che esiste fuori da quel giardino enorme e incantato è per lei un mistero. La nostra normalità è qualcosa che lei non conoscerà fino a che non si compirà quell’inevitabile destino già scritto per lei e per tutti quelli come lei.
A ripensarci, mi rendo conto che stavamo vivendo proprio quell’età in cui cominciavamo ad acquisire una certa consapevolezza – su chi eravamo, su quanto fossimo diverse dai nostri tutori, dalla gente del mondo fuori – ma non avevamo ancora capito cosa significasse veramente.
L’infanzia e la prima adolescenza trascorrono, diciamo così, abbastanza normalmente. Liti, menzogne, dubbi sulla propria sessualità e quella degli altri. Sembrano quasi adolescenti normali. Il cambiamento avviene nella seconda parte del romanzo, l’età adulta, che è anche la parte più interessante.

Un evento che ci porta fuori dalla bolla in cui tutto il romanzo si realizza è quando Kathy, Ruth e Tommy decidono di visitare una cittadina inglese assieme ad altri due amici dei Cottages. Qui la personalità più debole di Ruth si evidenzia, i sentimenti di Kathy e Tommy si allargano. Il lettore riesce ad immedesimarsi meglio nelle loro vite, nella loro paura, nel loro amore.
Non molto tempo fa, mentre assistevo Tommy e gli ricordavo la nostra gita nel Norfolk, mi confidò che anche per lui era stata la stessa cosa. Il momento in cui decidemmo di andare a cercare la mia cassetta perduta: fu come se d’un tratto le nubi si fossero dileguate, e al loro posto non ci fossero altro che risa e divertimento.
A parte gli eccessi di rabbia di un Tommy bambino infatti, le emozioni dei personaggi durante tutta la storia sono ovattate. In alcuni casi questo appiattimento viene giustificato dal tempo che intercorre tra un evento traumatico e il riavvicinamento dei personaggi. Altre volte, invece, semplicemente l’autore descrive le sensazioni e poi ci passa attraverso, ma senza superarle.
Lo stile di Non lasciarmi
Come ho già detto, Non lasciarmi non è romanzo piacevole e leggero. All’inizio ho fatto fatica a leggerlo. Non riuscivo a provare empatia per Kathy, a collegare quelle sensazioni infantili alle mie. I periodi non sono pesanti, ma sono lunghi. In Non lasciarmi ho evinto anche una diversa realizzazione del climax, che non è facilmente individuabile nella storia. Mi viene da dire anzi che i climax si trovano tutti nella fase finale, quando la storia raggiunge l’epilogo e le cose sembrano avvicinarsi al nostro mondo.
Inoltre credo che se Ishiguro non lo avesse scritto in prima persona il romanzo sarebbe stato molto più difficile da leggere.
Nello stile della letteratura giapponese c’è una forte componente culturale. È vero che Ishiguro è praticamente inglese, ma in Non lasciarmi si sente lo stesso. La calma apparente è come una lama che ti trafigge piano piano. Alla fine ti accorgi di stare morendo quando è troppo tardi. Le parole sono delicate, ma allo stesso tempo definitive, come pietre enormi.
Non lasciarmi: Conclusioni
Non ho fatto troppi spoiler. Alla fine non vi ho detto le cose importanti che riguardano questo mondo parallelo di Non lasciarmi. Questo perché credo che questo romanzo vada letto. Anche se fosse solo per conoscere questo autore premio Nobel.
Non lasciarmi è romanzo che ti spiazza, che ti disturba. Ma non lo fa alla maniera di uno shock improvviso. Lo fa in una maniera più pacata, più subdola, più giapponese, passatemi l’aggettivo.
Leggerò un altro libro di Ishiguro? Non è la mia priorità in questo momento. Consiglio Non lasciarmi? Solo ai lettori che vogliono provare qualcosa di diverso e che sono pronti a superare un attrito iniziale con le parole.
– Claudia Neri
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