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Cronorifugio – Georgi Gospodinov – Recensione

Cronorifugio è un romanzo di Georgi Gospodinov pubblicato a giugno 2021 da Voland e vincitore del Premio Strega Europa 2021.

È stato il titolo di questo libro a incuriosirmi, che ispira appunto l’idea del rifugiarsi in qualche parte del tempo e, in qualche modo, di trovarcisi a proprio agio. Cronorifugio è infatti un titolo che mi ispira sicurezza e quiete.

Se qualcuno di voi ha letto Momo di Michael Ende oppure Funes, o della memoria di Jorge Luis Borges ha già avuto modo di assaporare le insidie felici e tragiche di chi gioca con il tempo, soprattutto quando quest’ultimo diventa protagonista e non sfondo delle vicende.

“Di continuo produciamo passato. Siamo fabbriche di passato.”

Bio dell’autore bulgaro (paragonato a Kundera)

Georgi Gospodinov (Yambol, 7 gennaio 1968) è uno scrittore e poeta bulgaro. Formatosi e avviatosi sulla scena letteraria bulgara in qualità di poeta, Gospodinov si è successivamente affermato come scrittore postmoderno e sperimentale, a partire dall’inusuale esordio Romanzo naturale, subito tradotto in tutto il mondo e poi con romanzi come Fisica della malinconia e Cronorifugio, vincitore del Premio Strega europeo nel 2021. Gospodinov è tuttavia anche stimato come autore di racconti brevi. È oggi considerato il maggiore romanziere in lingua bulgara contemporaneo.

Di lui è stato detto: “Definito il Milan Kundera della Bulgaria per i suoi viaggi nel mondo interiore, potrebbe essere accostato anche a Friedrich Dürrenmat per la sua riscrittura del mito del Minotauro, ma a ben vedere Georgi Gospodinov è uno scrittore unico.”

La storia 

Cronorifugio è un romanzo in cui ritroviamo l’alter ego dell’autore, tale Gaustìn, e che si muove su un piano malinconico, onirico, nostalgico e – a tratti – distante dalla realtà palpabile.

Ci troviamo in un periodo storico in cui l’umanità è colpita da un’epidemia tragica, il cui effetto è quello di far perdere la memoria. Gaustìn, che ha l’abilità di vagare nel tempo, inaugura a Zurigo una “clinica del passato” dove accoglie i pazienti per aiutarli a riappropriarsi dei loro ricordi. Ogni piano dell’edificio riproduce nei dettagli un decennio del secolo scorso, e la prospettiva di un confortevole rifugio dal presente finisce per allettare anche chi è perfettamente sano.

Da dove proviene questa mia ossessione per il passato? Perché mi trascina indietro come un pozzo su cui mi sono sporto? Perché mi attira con volti che so non esistere più? Cosa è rimasto là che non sono riuscito a cogliere? Cosa è in attesa là, nella grotta di questo passato? Posso supplicare un ritorno indietro, senza avere le doti di Orfeo, solo il desiderio? E che quello e quelli, se riuscissi a portarli fuori da lì, non siano uccisi da me, se mi volto indietro ancora in cammino?”

La possibilità di viaggiare nel tempo diventa così un’ossessione che in Europa viene indetto il primo referendum sul passato che ha lo scopo di far scegliere alle popolazioni dei vari Stati in che decennio del passato vorrebbero vivere, in modo da adattare poi la vita quotidiana alla loro scelta. La campagna – come possiamo immaginare – diventa movimentata, palcoscenico di scontri e di problemi. Gospodinov ce lo racconta in maniera ironica, a tratti tragicomica, con lo scopo di metterci di fronte alla difficoltà della storia e all’impossibilità di rivivere ciò che è stato.

Cronorifugio: attuale o passato?

Le contraddizioni di un mondo che cambia e che si affeziona al passato tanto da voler abbandonare il presente sono già un tema che avrebbe riempito più di un romanzo. Ma Gospodinov non vuole soltanto metterci di fronte al dolore della perdita della memoria e del passato. Vuole anche costringerci a porci delle domande su chi siamo e chi saremmo se avessimo perduto i ricordi che ci hanno reso il nostro presente, come dimostra il profondo e doloroso dialogo del protagonista con suo padre. Egli è ricoverato in una delle cliniche di Gaustìn (ormai sparse per l’Europa) e rivive una partita a carte fatta col figlio (il protagonista):

“(…) Lui si volta verso di me e dice: Vedi, vecchio (mi chiamava così), la vita è più di una sconfitta.

Ci sono cose che si ricordano per tutta la vita. Forse perché i padri di quei tempi, e mio padre non faceva eccezione, non parlavano mai con noi come se fossimo grandi. Perciò questa sua battuta andava annoverata tra gli eventi straordinari. Doveva essere una specie di testamento paterno. E non avevo capito bene se intendesse che la vita sarà piena di sconfitte e quella era solo la prima, oppure che la vita è più grande di ogni sconfitta. O forse tutte e due le cose.”

Il protagonista, vinto dal potere del tempo e del ricordo, ha la possibilità di cambiare il ricordo nella memoria del padre, che lo sta rivivendo.

“Lo prendo per mano e dico, a bassa voce ma con chiarezza: Vedi, vecchio, la vita è più di una sconfitta. Lui si volta molto lentamente verso di me. Mi guarda, non sono sicuro di cosa veda, cosa stia galoppano nella sua mente svuotata. Sono passati quaranta anni da quando guardammo insieme questa partita.

Se non sono presente nella sua memoria, esisto davvero?”

Che cosa siamo se perdiamo il nostro passato o se le persone a cui teniamo di più si dimenticano di noi? L’inafferrabilità del tempo è una condizione dolorosa dell’esistenza dell’uomo ed è anche qualcosa che egli tenta di combattere da sempre.

La verità che è difficile accettare è che noi siamo fatti dei nostri ricordi, siamo i nostri ricordi. Perdendo ciò che abbiamo vissuto perdiamo anche ciò che siamo perché non possiamo più collegare il nostro prossimo gesto all’intreccio della causa e dell’effetto che lo ha generato.

Cronorifugio: tornare indietro è possibile?

Nella prima parte del romanzo c’è la storia della clinica e dei suoi pazienti, che ci fa precipitare nelle loro storie complesse e ingarbugliate. Percepiamo qui l’importanza dei ricordi e il dolore di chi li ha perduti, e di conseguenza il valore sociale che ha l’invenzione di Gaustìn.

“Gaustìn della mia giovinezza. Gaustìn del mio desiderio di essere un altro, altrove, ad abitare un altro tempo e altre stanze. Avevamo in comune l’ossessione del passato. Con una piccola ma essenziale differenza. Io rimanevo straniero ovunque, mentre lui si sentiva ugualmente a suo agio in tutti i tempi. Io bussavo alle porte di anni diversi e lui era già là, mi apriva, mi faceva entrare e poi spariva.”

Nella seconda parte del romanzo il tempo si impossessa di tutto e la sindrome di “scegliersi il proprio tempo” dilaga anche tra coloro che non sono stati colpiti dall’epidemia. Tutti vogliono vivere come quando “si stava meglio”. Ma la verità è che non si può tornare indietro. La domanda che costantemente emerge dalle righe di Cronorifugio è: È giusto dedicarsi al passato dimenticando il presente?

E soprattutto: è davvero possibile farlo?

Conclusioni

La nostra vita si compone di piccole e impercettibili concretezze che si stagliano negli orizzonti di un tempo astratto. E questo tempo è percepibile solo dal futuro, quando ormai è finito.

Il tempo in cui stiamo vivendo oggi, ad esempio, con il Coronavirus e con la guerra in Ucraina, come sarà visto dai nostri figli e nipoti nel 2050? Chi saremo noi per loro? Potremmo forse essere condannati o elogiati per quello che abbiamo fatto, l’unica cosa sicura è che non possiamo saperlo oggi.

Cronorifugio è un respiro nel tempo, che salta tra passato e futuro, scoprendo i limiti più delicati e nascosti della nostra umanità.

 

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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