L’uomo invisibile (The Invisible Man) è un romanzo di fantascienza scritto da Herbert George Wells nel 1897 e pubblicato quello stesso anno a puntate sul Pearson’s Weekly. Ha avuto numerose trasposizioni cinematografiche e televisive, tra cui anche Gianni e Pinotto contro l’uomo invisibile (1951) di Charles Lamont. Venne tradotto in italiano per la prima volta nel 1900.
Insieme al più “realistico” Jules Verne, Herbert George Wells è considerato il fondatore della fantascienza vera e propria, quel genere di letteratura che si occupa vuoi di immaginare il futuro sulla base del progresso tecnologico esistente oppure di inventare temi nuovi e fantastici senza preoccuparsi troppo della loro verosimiglianza. È grazie a Wells che la narrativa ha iniziato a sperimentare il viaggio nel tempo, l’invasione degli alieni o la possibilità di diventare invisibili.
Ricordate che, in assenza di Tv e internet, i libri e i giornali erano il principale veicolo di informazioni e novità. Immaginiamo Wells come un influencer che lancia una nuova tendenza, una sorta di pre-Metaverso.
L’uomo invisibile: la storia
La storia racconta di Griffin, un geniale fisico del diciannovesimo secolo che realizza una scoperta straordinaria, ovvero trova un modo di rendere i corpi solidi invisibili. Realizza i primi esperimenti su in gatto e su se stesso, credendo che questo possa migliorargli la vita.
Tuttavia, si scontra presto con una serie di problemi che non aveva considerato, primo di tutti il confronto con gli altri esseri umani. Il protagonista si trasferisce da Londra a Iping, una cittadina di campagna, dove inizia a cercare il modo di ritornare visibile. Qui viene scoperto e, in una serie di eventi tragi-comici, assistiamo ai tentativi del protagonista di fuggire e non farsi scoprire.
“Cercai di pensare alle cose che un uomo considera desiderabili. Senza dubbio l’invisibilità dava la possibilità di ottenerle, ma rendeva anche impossibile goderne, una volta ottenute. L’ambizione, per esempio: quale piacere si trae dal trovarsi in un posto quando non si può far vedere che si è là? Che cosa conta l’amore di una donna, quando il suo nome deve essere per forza Dalila? Non mi piacciono la politica, i compromessi della fama, la filantropia o lo sport. Che cosa avrei fatto allora? Per questo, ero diventato un essere misterioso, imbacuccato, una caricatura fasciata e bendata di uomo.”
Il potere della scienza e l’avidità
All’inizio della storia ho provato compassione per Griffin e stizza per coloro che lo circondavano, in quanto queste persone “normali” invadevano lo spazio del protagonista e non lasciavano che egli potesse dedicarsi ai suoi studi con tranquillità.
I personaggi di contorno vengono descritti volutamente dall’autore in modo da suscitare sdegno e antipatia, cattiveria e ignoranza.
Griffin decide di diventare invisibile per acquistare fama e potere e dimostrare la sua intelligenza. Egli pianifica di acquisire potere sulle persone e sul mondo grazie alla sua scoperta. Quando i suoi piani vengono però sabotati dalla popolazione “comune” che diventa diffidente e violenta egli decide di instaurare una politica del terrore e riprendersi la sua libertà con la forza.
Tradito anche dai suoi amici, Griffin ci fa compassione. È disperato, solo, incompreso da tutti e incapace di dimostrare che è solo “un uomo invisibile” e non un mostro.
“Realizzare un’impresa del genere significava invadere il campo della magia, e mi fu ben chiara l’inebriante visione di ciò che può rappresentare per un uomo l’invisibilità. Mistero, potere, libertà.”
Il messaggio ne “L’uomo invisibile”
Da questo libro io ho imparato diverse cose, riflettendo sui temi proposti. Il primo messaggio di Wells è come la stupidità e la bassezza delle menti ignoranti possano distruggere la genialità e la bellezza delle scoperte scientifiche. Seppur in maniera estrema il romanzo ci insegna quanto sia rischioso comunicare a chi non capisce e questo mi ha ricordato Nietzsche e il suo “Così parlò Zarathustra” e il famosissimo: Dio è morto!
“L’invisibilità, in fondo, serve solo in due casi. È utile per allontanarsi da un luogo o per avvicinarvisi. È particolarmente utile, quindi, per uccidere. Posso girare intorno a un uomo – qualunque arma quello tenga in mano – prendere la mira, colpirlo quando voglio, scostarmi a piacer mio e fuggire quando e come mi pare.”
Un secondo insegnamento è quello relativo ad imparare ad accettare il diverso. Anche se non è il tema portante del libro, il rifiuto nei confronti dell’incomprensibile è presente in ogni pagina. Quanto è facile ripudiare il diverso, condannarlo e fargli del male? Non c’è bisogno di entrare in contatto con uno scienziato geniale (e un po’ matto) che è diventato invisibile per capire che questo sentimento lo sperimentiamo ogni giorno verso e contro persone vicine a noi.
Il terzo messaggio che io ho letto tra le righe è invece quello relativo all’avidità, e di come essa conduca alla rovina. Griffin ha condotto i suoi studi da solo, senza condividerli con colleghi o accademici e ne ha pagato le conseguenze. Anche il suo progetto di iniziare un “regno del terrore” forse non sarebbe stato necessario se avesse abituato gradualmente la comunità alla sua nuova rivoluzionaria scoperta.
Biografia di Herbert George Wells
Non sono pochi quelli che affermano che L’uomo invisibile rappresenta un po’ Wells stesso. I tratti in comune sono l’intraprendenza, la difficoltà ad emergere e il pregiudizio nei confronti della novità e dell’ignoto.
Questo visionario romanziere si è dedicato alla scrittura quasi per caso. Nato il 21 settembre 1866 a Bromley, in Inghilterra, in una famiglia di modeste condizioni, ereditò la passione per la lettura dal padre, uomo di vasti interessi, giocatore professionista di cricket, e possessore di un piccolo negozietto di ceramiche. Nonostante l’attività, la famiglia era poverissima e Wells fu presto costretto a lavorare per aiutare il bilancio familiare. Nel 1884 il diciottenne Wells torna faticosamente sui banchi di scuola e ottiene una borsa di studio presso il Royal College of Science and Technology di Londra. Qui per tre anni studierà tutte le materie scientifiche, entusiasmandosi in particolare per la nuova teoria darwiniana, di cui diventerà fervente sostenitore. Terminati gli studi diviene aiuto professore in una scuola a Holt, nel Galles settentrionale. Nel 1888 torna ad insegnare a Londra dove entra a far parte del corpo insegnanti della Henley House School e dove completa la sua formazione laureandosi a pieni voti in Zoologia nel 1890.
La sua attività di scrittore si origina però a partire da un’emorragia polmonare che, costringendolo a letto per molto tempo, lo induce a prendere carta e penna e a mettere nero su bianco, a fianco di articoli a sfondo saggistico che andava scrivendo per giornali e riviste (nel 1893 sforna anche un manuale di biologia), le fantasie che da un po’ andavano formandosi nella sua fervida mente.
Uomo visionario e dalla grande fantasia, Wells è sicuramente una delle penne più degne di nota dell’Inghilterra del XIX secolo. Ha una biografia davvero interessante, per la quale vi rimando alla lunghissima pagina Wikipedia a lui dedicata.
Conclusioni
Il romanzo è breve ma è carico di sentimenti: rabbia, frustrazione, ironia. L’autore Wells descrive scene rocambolesche, comiche e spesso il lettore si scopre a sorridere mentre legge.
Non mancano la violenza e le scene di suspence, ed è proprio lì che viviamo maggiormente l’assurdo e ci poniamo le domande su quanto di questa storia possa essere trasportato nella nostra vita quotidiana.
L’uomo invisibile è un romanzo da leggere, che dopo tanti anni ancora stimola la curiosità e la fantasia dei lettori. Ciò è anche dimostrato dalle innumerevoli trasposizioni cinematografiche, ultima quella del 2020.
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