A volte ci vuole un po’ di follia per alleggerire la realtà e goderci di più la vita. Spesso quello che viene definito folle è semplicemente un gesto o un modo di pensare da un’altra prospettiva.
La pazzia potrebbe essere semplicemente un altro modo di vedere e sentire il mondo, di percepire le emozioni e di vivere la vita.
Mi è molto caro questo tema e l’ho sempre trovato affascinante. Per questo oggi vi propongo cinque romanzi che mi sono piaciuti moltissimo e che hanno come tema portante proprio una qualche forma di “follia” o di distorsione della realtà.
1. L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello – Oliver Sacks
L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello (che puoi acquistare qui) è un saggio neurologico di Oliver Sacks, pubblicato nel 1985 ed edito in Italia da Adelphi.
In questo saggio l’autore racconta alcune sue esperienze cliniche di neurologo e descrive alcuni casi di pazienti con lesioni encefaliche di vario tipo, che hanno prodotto i comportamenti più singolari e imprevedibili.
Oltre che un approccio scientifico (ma mai pesante), Sacks si sofferma sull’umanità della follia, ovvero sulle conseguenze che certe malattie possono avere sulla vita di chi ne è afflitto e dei suoi intimi. Questo libro dà una prospettiva emotiva sulle malattie e fa capire quanto psiche (quindi percezione) e corpo (quindi materia) siano strettamente legati all’anima e alla personalità di un individuo.
«Una superficie continua,» annunciò infine «avvolta su se stessa. Dotata…» esitò «di cinque estremità cave, se così si può dire. […] Un qualche contenitore?» «Sì,» dissi «e che cosa potrebbe contenere? […] Non ha un aspetto familiare? Non crede che potrebbe contenere, fasciare, una parte del suo corpo?» Nessun lampo di riconoscimento illuminò il suo viso. In seguito se lo infilò per caso: «Dio mio!» esclamò «È un guanto!».
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2. Una stanza piena di gente – Daniel Keyes
Il 27 ottobre 1977, la polizia di Columbus, Ohio, arresta il ventiduenne Billy Milligan con l’accusa di aver rapito, violentato e rapinato tre studentesse universitarie. Billy ha vari precedenti penali e contro di lui ci sono prove schiaccianti.
Ma, durante la perizia psichiatrica richiesta dalla difesa, emerge una verità sconcertante: Billy soffre di un gravissimo disturbo dissociativo dell’identità. Nella sua mente «vivono» ben 10 personalità distinte, che interagiscono tra loro, prendono di volta in volta il sopravvento e spingono Billy a comportarsi in maniera imprevedibile.
Nel corso del processo si manifestano il gelido Arthur, 22 anni, che legge e scrive l’arabo; il timoroso Danny, 14 anni, che dipinge solo nature morte; il violento Ragen, 23 anni, iugoslavo, che parla serbo-croato ed è un esperto di karaté; la sensibilissima Christene, 3 anni, che sa scrivere e disegnare, ma soffre di dislessia; e poi Alien, Tommy, David, Adalana e Christopher. Così, per la prima volta nella storia giudiziaria americana, il tribunale emette una sentenza di non colpevolezza per infermità mentale.
Tuttavia Billy rimane un rebus irrisolto fino a quando, durante il ricovero in un istituto specializzato, a poco a poco non affiorano altre 14 identità autonome, tra cui spicca «il Maestro», la sintesi della vita e dei ricordi di tutti i 23 alter ego. E proprio grazie alla sua collaborazione è stato possibile scrivere questo libro, che con la passione e lo slancio di un resoconto in presa diretta ricostruisce l’incredibile vicenda di Billy Milligan e ci permette di entrare in quella «stanza piena di gente» che è la sua psiche. Una visita che ci lascia sconvolti e turbati, ma che ci induce a riflettere sull’abisso nascosto in ogni uomo. Perché, come scrive lo stesso Billy all’autore:
«Solo chiudendo la porta sul mondo reale, noi potremo vivere in pace nel nostro. Sappiamo che un mondo senza dolore è un mondo senza sentimento… ma
un mondo senza sentimento è un mondo senza dolore.».
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3. Follia – Patrick McGrath
All’inizio sembra quasi un libro normale, avvolgente, ma tutto sommato coerente e senza incomprensioni. Follia si rivela a poco a poco una inquietante vicenda amorosa, al confine tra la sanità e la malattia, piena di conflitti e sentimenti distruttivi.
Abbiamo una prospettiva completamente diversa rispetto all’amore romantico che mostra i lati più oscuri di questo sentimento umano e come questo possa far mutare radicalmente le vite di tutti i personaggi implicati più o meno direttamente con i protagonisti di questa difficile vicenda amorosa.
È un libro appassionante, capace di far tenere incollati alle pagine e fissarsi nel ricordo per la particolarità degli eventi narrati. Consigliato per tutti coloro che non amano le storie d’amore ma vorrebbero trovare un racconto che mostri gli eventi e le relazioni con occhi diversi.
“Per la prima volta Stella sentiva che era valsa la pena di saltare nel vuoto, perché alla fine avrebbero trovato il posto sicuro dove amarsi senza paura. E fu in quello spirito che fecero l’amore: senza paura, liberamente, mentre i treni rombavano sul viadotto nella notte. E Stella lo fece ridendo, gridando, urlando al magazzino intero tutta la vita che aveva dentro.”
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4. Arancia meccanica – Anthony Burgess
Secondo Burgess, l’espressione Clockwork Orange era tipica dello slang cockney (il dialetto dei londinesi): «sballato come un’arancia meccanica» (oppure «a orologeria», altra traduzione possibile). L’autore pensava che l’espressione potesse essere erroneamente utilizzata per riferirsi a una persona che reagisce meccanicamente (in malese orang significa persona). In una lettera scritta al Los Angeles Times, Burgess affermò che il titolo e il tema dell’opera prendevano spunto da un grave episodio in cui fu coinvolto lo scrittore, allora residente a Giava. La sua compagna fu pestata e violentata da un gruppo di soldati americani ubriachi.
L’autore commentò come l’uomo sia un animale azionato da meccanismi ad orologeria. Da ciò l’associazione fonetica tra la bestia ed il frutto (orange). Più avanti (1986), nel suo saggio A Clockwork Orange Resucked, Burgess chiarì che una creatura che può solo fare il bene o il male è una «clockwork orange» – con ciò intendendo che ha l’apparenza di un organismo amabile caratterizzato da colore e succo, ma in effetti è solo un giocattolo a molla pronto a essere caricato da «Dio, dal Diavolo o dallo Stato onnipotente», e a far scattare la propria violenza, appunto, come un congegno a orologeria.
Vi scrivo questa chicca di curiosità perché penso che la storia la conosciate già. Penso che la complessità dei temi e la crudezza con cui questi vengono affrontati rendano Arancia meccanica un romanzo eterno, che ancora oggi fa riflettere sulla basilare e mai scontata differenza tra bene e male.
“Da un punto di vista teologico, il male non è misurabile. Eppure io credo nel principio che un’azione possa essere più malvagia di un’altra, e che l’atto ultimo del male sia la disumanizzazione, l’assassinio dell’anima – il che ci riporta a parlare della possibilità di scegliere tra azioni buone e cattive. Imponete a un individuo la possibilità di essere solo e soltanto buono, e ucciderete la sua anima in nome del bene presunto della stabilità sociale.”
5. Flatlandia – Edwin Abbott Abbott
Flatlandia: Racconto fantastico a più dimensioni è un romanzo fantastico-fantascientifico del 1884 scritto da Edwin Abbott Abbott. Narra la vita di un abitante di un ipotetico universo bidimensionale che entra in contatto con l’abitante di un universo tridimensionale. È un racconto molto popolare tra gli studenti di matematica e più in generale tra gli studenti di facoltà scientifiche, perché affronta da un punto di vista molto originale il concetto di un mondo a più dimensioni.
Il romanzo – precursore della distopia – è un libro in cui chi vede le cose da un’altra prospettiva viene preso per pazzo da chi non riesce a comprendere la dimensione altrui. Chi vive a una dimensione non crede che esista la profondità, chi vive la profondità non concepisce il volume e chiama eretica la sfera, che invece è tale proprio perché presente in uno spazio a tre dimensioni.
È una satira sull’età vittoriana, ma è anche uno spunto di riflessione attualissimo su come siamo spesso così chiusi nella nostra convinzione da non riuscire a vedere l’ovvio.
Ancora una volta mi sentii sollevare nello Spazio. Era proprio come la Sfera aveva detto. Più ci allontanavamo dall’oggetto che stavamo osservando, più il campo visivo aumentava. La mia città natia, con l’interno di ogni casa e di ogni creatura ivi contenuta, si apriva al mio sguardo come in miniatura. Salimmo ancora e, oh, i segreti della terra, le profondità delle miniere e le più remote caverne dei monti, tutto si svelava davanti a me!
Sbigottito alla vista dei misteri della terra così rivelati al mio occhio indegno, dissi al mio Compagno: «Guarda, sono diventato come un Dio. Perché i saggi al nostro paese dicono che la visione di tutte le cose o, come essi si esprimono, l’onniveggenza, è attributo di Dio solo». C’era un po’ di scherno nella voce del mio Maestro quando rispose: «Davvero? Allora anche i borsaioli e gli assassini del mio paese dovrebbero essere venerati come Dei dai vostri saggi: perché non ce n’è uno che non veda quel che tu vedi ora. Ma dài retta a me, i vostri saggi si sbagliano».
Leggi anche il mio articolo “10 libri di poesia da leggere (almeno) una volta nella vita“.