Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è un romanzo scritto dal giornalista inglese Roy Lewis, che narra le vicende di un gruppo di cavernicoli dell’Africa centrale del tardo Pleistocene e le loro lotte per sopravvivere ed evolversi. Tutto però è esposto in modo umoristico, spesso facendo uso di anacronismi per scherzare su argomenti attuali che il lettore vede trasportati nell’Africa preistorica.
Lo scopo del libro è proprio quello di identificare dei tipi di personalità che esistono ancora oggi e che sono principalmente: l’innovatore, il retrogrado, gli allievi che si evolvono seguendo il loro leader e coloro che conservano la conoscenza gelosamente per conservare il predominio sugli altri uomini.
«Bisognerà pensare a qualcosa di nuovo, che sia nuovo e non banale: è così che si progredisce»
Trama
Ci troviamo in Africa, circa tre milioni e mezzo di anni fa, nel Pleistocene. Sotto la guida di Edward, che è un illuminato innovatore, il livello di vita degli uomini e donne dell’orda migliora in modo impressionante.
Egli è colui che ha convinto gli ominidi a scendere dagli alberi, scopre come procurarsi il fuoco e come questo li aiuti a difendersi dagli animali feroci, conquistando le loro caverne. Edward è anche un inventore e il suo ruolo è quello di migliorare la vita di coloro intorno a lui, spesso scontrandosi con l’opposizione dei vecchi metodi e dei vecchi metodisti.
Il primo tra questi è zio Vania, suo fratello, il quale vive ancora sugli alberi e giudica male Edward quando questi sfrutta il fuoco per difendersi dalle bestie o cuocere la carne. Ritiene che stia sfidando la natura e che presto questa lo ostacolerà, conducendolo alla morte.
Zio Vania rappresenta coloro che sono contro il progresso e che perseguono i vecchi metodi adducendo come motivazione “ma si è sempre fatto così”. Anche da un punto di vista più “personale” Edward è un innovatore. Egli costringe i figli a sposare donne di altre orde, per mescolarsi geneticamente eliminando l’incesto che, a suo dire, non porta all’evoluzione. Quest’ultima è proprio la fissazione di Edward che è consapevole del suo ruolo e dell’importanza delle sue visioni per far progredire l’orda e l’umanità intera.
«è un privilegio incomparabile essere proprio il primo a provare una nuova esperienza umana, qualunque sia; e se poi è l’amore… Pensate! L’amore, che oggi si compiace se i giovani sembrano ancora apprezzarlo quando lo incontrano nella giungla, sulla sponda di un lago o in cima a una montagna… Oggi è cosa di normale amministrazione, che ha opportunamente preso il suo posto nel processo evolutivo; ma, ah, quando era appena nato!…»
Condivisione: Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
Edward è convinto che la conoscenza vada condivisa per favorire il progresso e migliorare le condizioni di vita degli uomini. Egli spinge i suoi quattro figli ad insegnare le cose alle loro mogli, all’orda da cui queste provengono e a continuare a sperimentare, senza paura di dire e fare cose sciocche solo per paura. come, ad esempio, quando suo figlio prova ad addestrare un cane perché pensa che questo possa essergli utile nella caccia. L’esperimento fallisce inizialmente e tutti si scoraggiano rinunciando all’idea che un animale possa essere altro che cibo per loro. Eppure William non si arrende e continua a provare, incoraggiato dal padre mentre il resto della famiglia lo deride.
Sarà proprio questa visionarietà e la voglia di far progredire l’intero genere umano in una sorta di altruismo pleistocenico che porterà la vita di Edward alle estreme conseguenze, che qui non voglio spoilerare ma che mi hanno davvero colpita. In questo piccolo libro l’autore è stato in grado di rendere un quadro ironico ma ancora attuale della società odierna dove il dominio vince sempre sulla condivisione. Se un popolo, infatti, possiede la conoscenza e la tecnologia in grado di migliorare la vita delle persone, userà quel potere per assoggettare e dominare i popoli che ancora non le possiedono. Questo è nell’indole dell’uomo e “funziona” così dall’età della pietra, questa volta senza metafore.
Lo stile
Lo stile del libro è moderno. I personaggi utilizzano parole che esprimono concetti che nel Pleistocene erano ben lontani dall’esistere. Edward si definisce “scienziato” ben prima che il concetto stesso di scienze esistesse. Oppure parla di arte, di pittura, di tecnologia. È affascinante immaginare come l’autore abbia trasferito questi concetti dei dialoghi di uomini antichissimi per far familiarizzare il lettore con l’opera e, allo stesso tempo, farci capire come poco sia cambiato nell’era moderna.
Conclusioni: perché leggere Il più grande uomo scimmia del Pleistocene
Edward è davvero il più grande uomo scimmia del Pleistocene, e leggere questo piccolo romanzo ci può dare consapevolezza su quanto sia importante per l’uomo progredire, inventare, non avere paura di sognare in grande e non temere il giudizio altrui. Spesso siamo ancorati ad idee e metodi del passato perché la nostra mente è piena di pregiudizi. Bene, la prossima volta che pensate “si è sempre fatto così”, oppure “non c’è motivo di cambiare se funziona”, pensate che se nel Pleistocene Edward fosse stato come voi, oggi non avremmo né il fuoco, né l’acqua corrente e mangeremmo carne cruda.
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