L’evento (L’Événement) è un romanzo di carattere autobiografico della scrittrice francese Annie Ernaux scritto nel 2000, pubblicato in italiano da L’orma editore nel 2019. L’autrice ha vinto il premio Nobel per la letteratura 2022.
Dal romanzo è stato tratto il film La scelta di Anne – L’Événement che ha vinto il Leone d’oro al miglior film alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Siamo nel 1963, l’aborto è illegale in Francia, la parola stessa è ancora considerata un tabù. La protagonista del romanzo, una studentessa ventitreenne, è perciò costretta a un aborto clandestino per interrompere la sua gravidanza. L’evento narra i giorni, i luoghi e le emozioni di quest’esperienza dolorosa; un’esperienza allo stesso tempo individuale e collettiva, che fa riflettere su quanto ancora oggi a moltissime donne non sia possibile disporre del proprio corpo. Partendo da un diario intimo tenuto nel 1963, la memoria diventa per Ernaux uno strumento di riconoscimento del ricordo e di denuncia sociale.
“Che la clandestinità in cui ho vissuto quest’esperienza dell’aborto appartenga al passato non mi sembra un motivo valido per lasciarla sepolta.”
La studentessa Annie è sola. Non ci sono amici, non c’è il padre del bambino, non ci sono internet o la televisione a istruirla su come funzionano la gravidanza e l’aborto. A 23 anni lei è orfana di conoscenza, impaurita, abbandonata in una città sporca e disinteressata dove sembra che ognuno non veda che il proprio beneficio dal dolore altrui.
Ci sono ragazzi affascinati dalla sua situazione: una ragazza giovanissima che sta per commettere un reato con i suoi ultimi soldi. Potrebbe essere allora più disponibile a soddisfarli sessualmente data la sua condizione?
Ci sono altri uomini che si preoccupano di difendere la morale, una legge che impedisce a Annie di decidere del proprio corpo. Eppure la legge è approvata e supportata proprio da quella parte della società che non ne subisce le conseguenze, né positive né negative.
“Era impossibile determinare se l’aborto era proibito perché era un male o se era un male perché era proibito”
Le donne subiscono gli aborti clandestinamente e rischiano la vita, rischiano le ovaie e la loro maternità futura, rischiano di rimanere compromesse per sempre da un errore che si è fatto in due ma che paga sempre una sola.
“Non valeva la pena nominare quanto avevo deciso di far scomparire. Nell’agenda usavo formule ellittiche o scrivevo «questa cosa qui», una sola volta «incinta».”
L’aborto ieri e oggi: L’evento
“Con questo racconto è tutto un tempo che si è messo in moto e mi trascina mio malgrado. Ora so di essere determinata ad andare fino in fondo, qualsiasi cosa accada, nello stesso modo in cui lo ero, a ventitré anni, quando ho strappato il certificato di gravidanza.”
Eccoci allora di nuovo di fronte al dilemma sociale. Chi sceglie? E perché devono scegliere tutti di qualcosa che riguarda la metà di noi? L’evento viene pubblicato in un momento in cui nel nostro Paese una legge, la 194, prevede il diritto di abortire, ma è impossibile leggerlo senza pensare che la presenza di una percentuale altissima di obiettori ne impedisce la piena applicazione.
Negli anni Sessanta la studentessa aspettava nel bar, sola e sconsolata, di essere operata dalla cosiddetta “fabbricante di angeli”, a cui avrebbe dato tutti i suoi soldi e altri prestati. La studentessa non sapeva come sarebbe andata a finire e non avrebbe avuto nessuna tutela legale o sanitaria se qualcosa fosse andato storto. Dopotutto stava infrangendo la legge.
Mi viene da chiedermi quanto siamo andati lontano oggi da tutto questo, dove una donna rimasta incinta che vuole abortire ancora rischia di doversi affidare a una “fabbricante di angeli”. Dare il diritto all’aborto non significa semplicemente legittimarlo moralmente, significa salvare la vita di milioni di donne che lo farebbero comunque, ma in condizioni peggiori.
L’autrice Annie Ernaux
Annie Duchesne nasce il 1º settembre 1940 a Lillebonne, in Normandia, in una famiglia modesta. Annie trascorre l’infanzia e la giovinezza a Yvetot, dove i genitori, prima operai e poi piccoli commercianti, gestiscono un bar-drogheria. Dopo gli studi all’Université de Rouen ottiene l’abilitazione all’insegnamento e inizia la carriera di insegnante di lettere moderne in un liceo. L’umile provenienza della sua famiglia e il passaggio all’universo “borghese”, consentito a Annie grazie all’istruzione ricevuta, rappresenteranno un’esperienza che inciderà profondamente sulla sua scrittura e sul suo impegno sociale e politico. Nel 1964 si sposa con Philippe Ernaux; il matrimonio, da cui nasceranno due figli, finisce all’inizio degli anni 1980, quando il marito la lascia dopo 17 anni di vita insieme.
Negli anni settanta milita nel movimento femminista e scrive articoli a sfondo politico su Le Monde. Nel 1974 pubblica il suo primo romanzo. Il suo quarto libro, Il posto, vince il Premio Renaudot nel 1984.
Nel 2017 riceve il premio Marguerite Yourcenar alla carriera. Nel 2018 il premio Hemingway per la letteratura. Nel 2022 vince il Premio letterario internazionale Mondello (sezione autore straniero). Il 6 ottobre 2022 le viene assegnato il premio Nobel per la letteratura «per il coraggio e l’acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale». (fonte Wikipedia)
Secondo Ernaux la scrittura è un atto politico attraverso cui il lettore può essere sensibilizzato, per esempio, sulla questione del “privilegio di nascita” o sull’aborto e sull’esperienza di genere in una società patriarcale. Sono temi esplorati in “Gli armadi vuoti”, dove, manifestando la sua vergogna e il disprezzo per la famiglia e l’ambiente operaio di origine, mette in luce attraverso questa forma di “nevrosi di classe” le conseguenze psicologiche della promozione e della regressione sociale (il passaggio dalla classe dei “dominati” a quella dei “dominanti”). Il tema sessuale, legato all’appartenenza al genere femminile, rappresenta uno degli altri nodi affrontati nelle sue opere. L’obiettivo dei suoi testi diventa quello di trattare i temi trascurati dalla letteratura convenzionale, raccontando le storie autentiche delle minoranze, quelle che lei chiama petits gens.
“Voglio tornare a immergermi in quel periodo della mia vita, sapere ciò che è stato trovato lì dentro. Questa esplorazione si inscriverà nella trama di un racconto, l’unica forma in grado di rendere un evento che è stato solo tempo all’interno e al di fuori di me. L’agenda e il diario di quei mesi mi forniranno i punti di riferimento e le prove necessarie alla ricostruzione dei fatti. Mi sforzerò soprattutto di calarmi in ogni immagine, fino ad avere la sensazione fisica di «raggiungerla», fino a che non ne emerga qualche parola tale da farmi dire «Ecco». E di risentire ognuna di quelle frasi, indelebili in me, il cui senso allora doveva essere talmente insostenibile, o al contrario talmente consolatorio, che a ripensarci oggi mi sento sopraffatta dal disgusto o dalla dolcezza.”
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