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Pausa caffè – Racconto erotico

Ogni mattina la vedo entrare in ufficio sempre alla stessa ora: le otto meno dieci minuti. È quasi sempre vestita elegante e quasi mai colorata. Tailleur grigio, blu, bianco, nero. Il bianco è il mio preferito, quello con i pantaloni però, non con la gonna. Naturalmente le sta tutto benissimo e, anche quando viene spettinata e ancora struccata sotto i grossi occhiali scuri, è sempre meravigliosa. Mi chiedo sempre se non la guardo troppo a lungo, ma il suo sguardo si posa così poco su di me che non penso che lo noti.
Mi saluta sempre con gentilezza e mi sorride. Io mi nutro di quel sorriso tutte le mattine per iniziare bene la giornata. Quando non c’è, in tutti gli uffici si sente che ci manca qualcosa. Io sono un semplice impiegato e probabilmente non farò molta carriera tra tutte queste carte. Non raggiungerò mai il suo piano o addirittura il suo ufficio, ma oggi non sono qui per parlare della mia carriera. Voglio solo parlare di lei come se mi potesse leggere. A dirgliele queste cose non se ne parla nemmeno, sarei licenziato in tronco, però nessuno mi impedisce di scriverle una lettera anonima e lasciargliela sotto la porta la sera quando sono andati via tutti.

Cristina, io so anche di che umore sei ogni mattina, perché ormai ho imparato a memoria i tuoi sorrisi e capisco quando sono tristi. A volte, nel tuo passo deciso, percepisco la delicatezza e quell’accenno di rallentamento all’ingresso mi fa pensare che vorresti qualcuno ti fermasse. Anche solo per dire: Come sta Cristina Margon oggi? Vuoi sederti e parlare con me per un caffè?
Mi basta il tempo di sfiorarti il viso con le mani e toglierti quella ciocca di capelli scuri davanti alla faccia. Sfilarti gli occhiali da sole quando sei senza trucco, naturale, bella, luminosa come piaci a me. Tu sorridi e mi dici di smetterla, che così sei inguardabile e non vedi l’ora di andare in ufficio a rifarti da capo. Io rido e dico no, va bene così.

Ti bacio e finalmente sento che sapore ha quella bocca sempre rossa, sempre color ciliegia, che mi fa sognare tutte le volte che mi parli. Buongiorno me lo sono ripetuto nella mente mille volte con le tue labbra che lo disegnano sulle mie e poi le mordono, le leccano, le succhiano. Ti sento attaccata al mio corpo mentre ti stringo e questi vestiti scomodi ci intralciano.
Ovviamente tu indossi il tailleur bianco che amo e la camicia ti si apre sul petto, scoprendo il seno sodo e probabilmente finto che hai. Tiro fuori la camicia e la sbottono godendo di ogni lembo di pelle chiara e piena di nei che viene fuori. Ti inclini all’indietro e ridi mentre io te li bacio tutti, piano, uno alla volta. Voglio mangiarli tutti insieme alla tua bocca. Quando sei nuda davanti a me, mille statue greche non varrebbero la bellezza che vedo. Finalmente ti sciogli, mi sorridi, ti rilassi e vedo la tristezza andare via dai tuoi occhi.
Mi desideri e io ti voglio più di ogni cosa. Il seno sodo, proteso verso di me, come se volessi darmi da bere. E io bevo, bevo all’infinito, ti faccio godere, gemere. Quanto sei sensibile adesso. Tutta la tua freddezza si scioglie in questi baci e in questi morsi. Succhio, lecco… turgidi, come fanno a essere così turgidi? Si fanno rossi, tu fremi di piacere.

Sento la tua mano scorrere lungo la pancia e afferrarmi la patta dei pantaloni dove il mio sesso è già duro e spinge, spinge perché ti cerca, come sempre, come da sempre.
Ti bacio lungo il collo e ti spingo contro il muro. Cerco la zip dei tuoi pantaloni mentre tu sbottoni la mia. La trovo e la sgancio, subito si allentano intorno alla tua vita e scivolano un poco. La tua mano entra nei miei e, calda e morbida, mi tocca. Su e giù, come un massaggio, come un richiamo alla vita. Chiudo gli occhi e mi concentro sulle tue sensazioni. Resto addosso a te, seguendo col corpo il gesto della tua mano, poi infilo la mia nei tuoi pantaloni e scavalco le mutandine sottili. Quelle a volte si vedono da sotto questo tailleur. Per quanto cerchi di nasconderle, certi movimenti che ti spostano la giacca me ne hanno rivelato la forma. Che bellezza. Le mie giornate migliori, quella linea sottile che delinea un contorno della tua pelle, che nemmeno esiste.

Sei un’unica linea perfetta e io trovo la bocca da cui entrare dentro di te. Ti spingo nel muro e gemi, le guance arrossate meglio del trucco, la bocca umida e spalancata che adesso mi cerca, la mano che stringe sul sesso più forte e l’altra che mi attira a te.

Ti bacio desiderando allo stesso tempo che questo momento non finisca mai e che finalmente io possa entrare dentro di te. Il pantalone scivola giù sulle mie cosce, e tu ti inginocchi scivolando via da me con le mani che ora mi stringono le natiche. Il pavimento bianco, le finestre che danno sul parcheggio, nessuno intorno a quest’ora, i distributori ancora scarichi e pronti ai caffè che arrivano. Mi appoggio a uno di questi mentre mi muovo avanti e indietro ondeggiando al tuo tempo. I tuoi capelli tra le mie mani sono morbidi, la tua bocca è calda, meravigliosa, avvolgente.

Ma come faccio a non averti. Interrompo il tuo movimento un attimo prima di venire e ti faccio alzare, ti bacio ancora, ti spingo, ti tocco, ora sono più rosso di te. Ti volto verso il muro e abbasso poco i pantaloni bianchi che tanto amo: scivolano via dai fianchi alle cosce.

Quando entro dentro di te sei calda come la bocca, ma è più bello. Gemi, con le mani appoggiate al muro, i capelli scombinati sul viso. Li scosto, così posso guardarti. Quanto sei bella mentre godi, più bella che in qualunque altro momento. Potrei vivere solo per darti questo tutti i giorni della mia vita. Sei forte, avvolgente, potente. Io spingo, prima piano poi sempre più forte e più veloce fino a che non resisto più e vengo. Vengo dentro di te, così che tu possa raccogliermi e conservare quello che ti ho dato tutta la giornata, quando sarai lontana.
Portami dentro, fammi vivere con te, fino a quando il prossimo giorno non sarai pronta di nuovo a farti riempire.

Sbatto le palpebre, la notifica sul computer mi segnala una nuova e-mail. Mi alzo, ho bisogno di una sigaretta e di un caffè. Il rumore dei tacchi e del portone aperto ti precedono.

  • Buongiorno -, dici col tuo solito sorriso dietro gli occhiali scuri. Oggi sei davvero di buon umore. Poi abbassi lo sguardo sui miei pantaloni e sorridi, un po’ in imbarazzo.

 

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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