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Tempo di uccidere – Ennio Flaiano – Recensione

Tempo di uccidere è un romanzo scritto da Ennio Flaiano e pubblicato da Longanesi nel mese di aprile del 1947. Nello stesso anno, il libro è stato insignito del prestigioso premio Strega, sebbene la critica abbia inizialmente espresso recensioni severe e poco entusiastiche. Tuttavia, col passare del tempo, il romanzo è stato rivalutato e accostato alle opere esistenzialiste di autori del calibro di Albert Camus e Jean-Paul Sartre, pur distinguendosi notevolmente dal neorealismo predominante in quel periodo.

L’opera di Flaiano, caratterizzata da un’originale vena onirica basata sull’assurdo, è stata paragonata a quella di altri autori italiani come Tommaso Landolfi, Dino Buzzati e Alberto Savinio. Questo romanzo viene pertanto considerato uno dei più importanti rappresentanti della corrente letteraria italiana che abbraccia un approccio non oggettivo e si rivolge agli aspetti surreali nella narrazione.

 

Si può impedire ad un uomo di soddisfare i suoi desideri, quando questi non lasciano traccia, futili come sono?

Questo libro rappresenta un singolare capitolo nella carriera di Ennio Flaiano, poiché, nonostante la sua prolifica attività letteraria, non ha mai pubblicato un romanzo completo. Inizialmente intitolato “Il coccodrillo,” il testo fu sottoposto a Leo Longanesi, ma l’editore suggerì un rapido cambio di titolo per consentire la pubblicazione immediata. Questa decisione portò alla conclusione della tiratura alla fine di aprile 1947, rispettando la scadenza impostagli da Longanesi, il quale, solo quattro mesi prima, aveva chiesto a Flaiano di scrivere un romanzo da pubblicare con urgenza.

 

Trama

Tempo di uccidere è un romanzo dall’atmosfera a tratti surreale ambientato durante l’invasione italiana dell’Etiopia, che narra le vicissitudini di un ufficiale il quale, durante il suo vagabondare verso l’altopiano etiopico alla ricerca di un dentista che curi il suo dolore, si perde e per caso incontra una ragazza indigena con il turbante, con cui ha un rapporto intimo – seppur mai descritto – e che finirà per ferire mortalmente, poiché scambiata per un aggressore.

Invaso dal rimorso, il protagonista torna al campo base sulla costa ed ottiene una licenza di quaranta giorni. Inizia un susseguirsi di vicissitudini che portano il protagonista sull’altipiano, dove vede alcune ragazze con un turbante analogo: gli viene spiegato da un collega che esse sono delle lebbrose, quindi intoccabili.
Inizia così il suo viaggio angoscioso verso la ricerca di una risposta, verso la cosa giusta da fare. Da un lato egli vorrebbe farsi visitare da un dottore, ma ha paura di restare bloccato nell’inospitale Etiopia per anni, se scoperto lebbroso. Dall’altro teme che infetterà la sua amata in Italia, se riuscisse ad attendere (vivo) fino all’annuncio del rimpatrio delle truppe, ormai prossimo. Il tenente decide di fuggire ma, un atto che sembra semplice e quasi imminente, si rivela in realtà molto più complesso del previsto.

Lei forse conosceva tutti i segreti che io avevo rifiutato senza nemmeno approfondire, come una misera eredità, per accontentarmi di verità noiose e conclamate. Io cercavo la sapienza nei libri e lei la possedeva negli occhi, che mi guardavano da duemila anni, come la luce delle stelle che tanto impiega per essere da noi percepita.

Una delle mie parti preferite della storia è il soggiorno del tenente in fuga, ormai ossessionato dall’ansia di essere scoperto, presso il suo amico Joannes, della tribù di cui faceva parte anche l’indigena amata una notte. Egli vive con l’ossessione di scoprire di lei, di Marian, e tutto il tempo indaga, chiede, inquisisce, cercando di non far notare il suo interesse esplicito. Tuttavia, la verità non verrà a galla fino alla fine del libro, proprio grazie al vecchio Joannes. Il lettore trova pace e risposte alle sue domande – almeno in parte – solo in questa fase, dove il dolore per le sorti del tenente diventa più acuto.

Temi

Naturalmente c’è la guerra, l’atrocità dell’invasione e della condanna del popolo più debole. Ma tutti questi temi vengono messi da Flaiano sullo sfondo, come una melodia che ci ricorda dove siamo e come ci siamo finiti insieme al tenente.

La fiducia, il rispetto, l’adorazione che i piccoli indigeni dimostrano per un ufficiale che li tratti gentilmente sono infinite. Suppongo che per loro l’ultimo ritrovato della creazione, sia proprio l’ufficiale bianco, questa specie di essere divino che va in guerra, è obbedito anche da altri bianchi, ha tanti soldini che regala volentieri e sorride ai piccoli che lo salutano.

È la domanda esistenziale, il perché, il viaggio interiore e talvolta sconnesso e onirico che sono al centro di questo romanzo e della vita del tenente. Alcune righe di questo romanzo sono esasperanti, forse anche noiose, perché appartenenti a una mente e a una circostanza che il lettore non potrà mai condividere.

Eppure, ci ritroviamo a voltare pagina, a voler trovare risposte, proprio come il tenente, il cui nome non viene mai scritto dall’autore. Forse perché parla proprio di sé stesso?
Il protagonista è costretto a prendere decisioni difficili per sopravvivere, mettendo in discussione i confini tra giusto e sbagliato. La narrazione è intensa e coinvolgente, e il lettore si trova spesso a porsi domande su sé stesso, chiedendosi ad esempio: Cosa avrei fatto io se fossi stato il tenente?

La scrittura di Ennio Flaiano è lenta, metodica, piena di pause e di contraccolpi. La sua prosa è ricca di immagini vivide e descrizioni dettagliate che trasportano il lettore direttamente nell’ambiente africano descritto nel romanzo. La sua abilità nel creare personaggi complessi e realisticamente sfaccettati contribuisce in modo significativo all’immersione nella storia.
Dopotutto, i pochi personaggi sono fondamentali per la narrazione, per farci comprendere i sentimenti di incertezza e di vendetta, che si avvicendano con tanta veemenza tra le pagine.

 

Conclusioni

In conclusione, Tempo di uccidere è un libro unico, che affronta con maestria temi complessi come la guerra, la moralità e la natura umana. La sua narrazione lenta e la scrittura dettagliatissima lo rendono un’opera letteraria unica nel suo genere, da leggere se si è in cerca di un romanzo introspettivo, e da evitare se siamo invece in vena di una storia leggera.

 

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Chi Sono

Claudia Neri

Ho 25 anni e amo scrivere, viaggiare, mangiare e fare capoeira. Ho studiato lingue e mi occupo di comunicazione digitale ed editing letterario. Mi piace esplorare il mondo e le persone, scoprire nuovi punti di vista e amare sempre. Questo blog è il mio passaporto per l’eternità.”

“Abbi un cuore insaziabile, affamato di vita, senza paura del dolore”

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